LE OPINIONI

«Caffè Scorretto»«La politica nel mare delle parole»

Premessa 1. Tra i nomi che in questi giorni si muovono sullo scacchiere delle risorse in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, si fa quello di Elisabetta Belloni (possibile “papabile” a Palazzo Chigi, nel caso di un Draghi “trasformato” in Capo dello Stato). Attualmente a capo del DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza che coordina l’AISE, il servizio segreto esterno, e l’AISI, il servizio segreto interno) – peraltro è uno dei nodi che qualcuno usa per argomentare quanto sia poco opportuno che dai Servizi Segreti si passi direttamente alla Presidenza del Consiglio – è stata la prima donna iscritta che ha frequentato, come il Premier Mario Draghi, l’Istituto Massimiliano Massimo dei Gesuiti a Roma.

Elisabetta Belloni è stata la prima donna iscritta che ha frequentato, come il Premier Mario Draghi, l’Istituto Massimiliano Massimo dei Gesuiti a Roma. In un’intervista, nel 2007, la Belloni disse «i Gesuiti mi hanno insegnato sostanzialmente due cose: la prima cosa che conta è la preparazione, la professionalità, la seconda cosa è l’apertura mentale»

In un’intervista, nel 2007, la Belloni disse «i Gesuiti mi hanno insegnato sostanzialmente due cose: la prima cosa che conta è la preparazione, la professionalità, la seconda cosa è l’apertura mentale». Tra gli ex alunni celebri, oltre a Mario Draghi ed Elisabetta Belloni, si ricordano Luigi Abete, Gianni De Gennaro, Luca Cordero di Montezemolo, Giuseppe De Rita i quali, a vario titolo, fanno parte di quelle persone arrivate ai più alti ranghi dell’amministrazione pubblica o in ogni caso sono protagonisti di una carriera non proprio “comune”.

Il Rettore dell’Istituto, Padre Giovanni La Manna, in un’intervista del 2021alla domanda de Il Foglio su quale fosse il segreto della scuola romana che s’ispira agli insegnamenti pedagogici di Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti, rispose «Nel nostro istituto non formiamo élite ma uomini e donne che poi hanno la possibilità di scegliere di mettersi al servizio della Comunità e quindi assumersi delle responsabilità. È un discorso che deve essere sempre il più ampio possibile. Il nostro segreto è valorizzare i talenti di ognuno. Ogni nostro alunno è un patrimonio a livello umano, può accrescere il suo livello culturale e spirituale e riconoscere i propri talenti. Essere accompagnato a realizzarli, porta frutti. Sono frutti che dicono di un albero che da molti anni, direi da qualche secolo, è impegnato nell’attività educativa ed è significativo che dai risultati si può riconoscere la bontà di quest’albero che continua a impegnarsi nell’educazione, nell’accompagnare per rendersi protagonisti. Il nostro non è un istituto elitario, bensì inclusivo, che vuole “impedire” che l’aspetto economico penalizzi quei ragazzi e quelle ragazze che hanno desiderio di mettere a frutto i propri talenti. È una scuola esigente, per una correttezza nei confronti degli stessi ragazzi che non possono accontentarsi, ma devono sempre dare il massimo perché investono in qualcosa di prezioso, cioè il loro bagaglio culturale, umano e spirituale. La crisi c’è, può togliere qualcosa ma il proprio bagaglio culturale, quest’investimento, nulla e nessuno può toglierlo. Quindi è importante investire il proprio tempo e i propri danari per realizzarsi professionalmente». Premessa 2. Della premessa precedente si potrebbe discutere per giorni. Per esempio un filone si potrebbe aprire sul “ruolo” principale che ha la formazione continua e su una scuola (quella pubblica, su tutte) che l’ha perso, come dei mancati investimenti sui propri alunni (con alcune eccezioni, gli istituti in alcuni casi riescono a malapena a raggiungere la schiera dei propri obiettivi avendo pochi mezzi).

Un filone di discussione si potrebbe aprire sul “ruolo” principale che ha la formazione continua e su una scuola (quella pubblica, su tutte) che l’ha perso, come dei mancati investimenti sui propri alunni (con alcune eccezioni, gli istituti in alcuni casi riescono a malapena a raggiungere la schiera dei propri obiettivi avendo pochi mezzi). Un secondo si potrebbe spalancare sulla capacità (sì, perché tale è anche un po’ fuori dal “comune”), pure questa smarrita per strada, di considerare ragazzi e ragazze, uomini e donne, un ”patrimonio” umano su cui investire

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Un secondo si potrebbe spalancare sulla capacità (sì, perché tale è anche un po’ fuori dal “comune”), pure questa smarrita per strada, di considerare ragazzi e ragazze, uomini e donne, un ”patrimonio” umano su cui investire. Perché se sceglieranno di mettersi al servizio [della collettività] forse non potrà che far bene, anche se non è detto che ciò accada, e dare un forte stimolo alla quadratura delle responsabilità come all’evoluzione della società. Insomma, i livelli potrebbero essere molteplici. Chiaramente a giocare un ruolo importante saranno, forse più di prima, “preparazione”, “competenza” e “apertura mentale”.

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Ferrandino e Di Vaia

Premessa 3. A chi decide di mettersi al servizio della propria collettività va riconosciuto il valore del volersi assumere la responsabilità della sua evoluzione. Di guidarla, in un certo senso. La capacità, poi, di avervi contribuito e quanto, di esserci riusciti oppure no, dipende dai risultati raggiunti come da quelli mancati (valida ragione questa per tentare di afferrarli di nuovo se ci si accorge di non averli toccati, è chiaro). Dalla premessa nr 1, per l’esattezza dalla dichiarazione di Padre La Manna, si potrebbe tentare un piccolo esperimento. “Scuola” e “istituto” si potrebbero sostituire per esempio con il sostantivo “politica” e “alunno” con “persona/cittadino” per costruire una lente e guardare nel nostro piccolo lembo di terra col fine di farsi una domanda sulla qualità oltre che valutare l’operato delle sei amministrazioni. Se cioè, tra i vari interrogativi che ne potrebbero venire, per ognuna e tutte insieme, si riflette il contenuto [delle parole del Rettore]. Se, insomma, chi oggi siede nelle Amministrazioni, fa davvero per la società isolana (sotto l’aspetto squisitamente economico, amministrativo, d’intenti ovvero di gestione delle criticità e più in generale dal punto di vista del benessere collettivo) ciò che l’Istituto Massimo fa per i propri alunni.

A chi decide di mettersi al servizio della propria collettività va riconosciuto il valore del volersi assumere la responsabilità della sua evoluzione. Di guidarla, in un certo senso. La capacità, poi, di avervi contribuito e quanto, di esserci riusciti oppure no, dipende dai risultati raggiunti come da quelli mancati (valida ragione questa per tentare di afferrarli di nuovo se ci si accorge di non averli toccati, è chiaro)

In definitiva si potrebbe chiedere agli “alunni” della nostra “politica” se non sia il caso di fare forse di più, di impegnarsi, di dare il massimo per il progresso sociale – visto che non lo abbiamo ancora raggiunto – dopo aver applicato il contenuto dell’affermazione di Elisabetta Belloni. E agli “alunni”, cittadini della società isolana, si dovrebbe domandare se non sia il caso di evitare di accontentarsi e pretendere dalla politica risultati reali, rafforzarli concretamente colmando il vuoto delle idee con qualcosa in grado di fare la differenza e costruirne una trama dagli effetti concreti in un rapporto dialogico. Soprattutto per sfuggire al lungo elenco di punti, perlopiù gusci vuoti e dai contenuti discutibili, srotolati nelle interviste di comodo che rischiano di illuminare solo un pezzo della realtà, dopo averne oscurato il resto. Che c’è e, spesso, non si vuole vedere.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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