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Confcommercio, Bottiglieri: «Italiani e russi non bastano più, si guardi agli Usa»

Gianluca Castagna | Ischia La primavera ha portato una ventata di ottimismo per i settori del turismo e del commercio. Tre ponti (quasi di fila) hanno garantito un flusso di presenze che confermano l’isola d’Ischia come un’ottima destinazione non solo per soddisfare gli appassionati di sole e spiagge, ma per tutti i turisti che sappiano e vogliano apprezzare un’offerta naturalistica, enogastronomica, culturale e termale sempre più ampia. Un avvio di stagione vincente e convincente, dunque. Certo, a bocce ferme, i numeri vanno letti. Tradotti in fatturato, analizzati per capire dove e come spendono i nostri ospiti. Soprattutto in previsione di ogni azione, magari coordinata, volta ad allargare i mercati di riferimento del nostro turismo e quindi della nostra bilancia commerciale. Percorso non facile, date la difficile congiuntura economica che attraversa il nostro paese, la stagnazione dei consumi e ataviche criticità che riguardano il territorio. Eppure obiettivi importanti di medio e lungo periodo non sono più rinviabili. Non lo sono per il turismo, nemmeno per il commercio. Ne abbiamo parlato con Marco Bottiglieri, presidente di Confcommercio Ischia.
Conclusi i ponti di primavera, che bilancio fa il commercio ischitano e, in generale, quello isolano?
«Se guardiamo i numeri, per alcuni settori il bilancio è stato molto soddisfacente. Penso alla ristorazione, ad esempio. Il commercio, non solo isolano, vive da tempo uno stato di difficoltà, inutile negarlo. Il flusso durante i ponti di primavera, a cominciare da quello pasquale, è stato certamente importante. Tuttavia, per questo settore, ci vorrebbe un turista più stanziale, meno mordi e fuggi. Quindi il riscontro favorevole dei ponti, che in altri settori è stato più evidente, noi non l’abbiamo ancora visto».
Quale dei tre ponti ha funzionato di più?
«Il secondo ponte è stato il migliore: una clientela più diversificata, meno campani, più settentrionali. L’ultimo, quello del Primo Maggio, ci ha riservato anche diversi stranieri, che per noi rappresentano un dato sempre positivo».
Già, gli stranieri. Delizia conquistata e perduta.
«Il mese di maggio è il periodo giusto per i russi. Negli ultimi due anni c’è stato un calo notevole e noi l’abbiamo sofferto molto, così come gli alberghi a 5 stelle, destinazione privilegiata per questo segmento di mercato. In realtà Ischia, pur essendo un’isola, ha molti microcosmi, quindi anche i russi hanno una scelta molto ampia. C’è da dire che il turista russo non è più il big spender in Italia. Ora sono i cinesi a possedere il primato».
L’attenzione generale è proprio verso gli asiatici: discorso praticabile per l’isola d’Ischia?
«Al momento è molto difficile. Al Sud Italia se ne vedono pochi. I dati della Global Blue, società leader mondiale nella fornitura di servizi e prodotti a viaggiatori, esercenti e società finanziarie, ci dicono che i cinesi sono big spender in città come Milano, Firenze, Roma. Più giù non scendono. Da noi rappresentano ancora l’1% della spesa extra Europa. Hanno un territorio ancora tutto da scoprire».
Come si fa ad intercettarli? Quali sono le strade?
«Da qualche anno ci stiamo provando, personalmente sono stato anche alla fiera del turismo di Shanghai. Se però non ci sono ancora i modi per farli arrivare direttamente in Campania, che conoscono soprattutto per Pompei, diventa un’impresa impossibile. I voli dalla Cina arrivano a Roma o Milano, amano fare tante cose in breve tempo, quindi prendere un treno, poi un aliscafo, diventa più problematico. Oltretutto sono interessati ai marchi importanti, ai brand di lusso, e Ischia, da questo punto di vista, risulta assai carente. Capri, con le sue firme, già presenta maggior appeal di spesa per gli asiatici. Per intercettarli bisognerebbe, come sempre, agire sinergicamente. Al momento, dal punto di vista commerciale, il mercato russo resta quello a noi più congeniale. Come quello americano, completamente ignorato, che invece già frequenta abitualmente il Sud Italia».
Parliamo invece dei tedeschi, un’emorragia forse non più così copiosa. I numeri di un tempo restano però lontanissimi.
«Ci considerano una destinazione termale. Le terme, però, viste come cura e non come prevenzione. Un errore, perché sappiamo tutti dei benefici delle nostre acque. Perché un tedesco 40enne dovrebbe scegliere l’isola d’Ischia? Anche lì, bisogna creare un brand che sappia potenziare tutti gli aspetti attrattivi della nostra isola, lavorare più e meglio sulla comunicazione. Non solo in Germania».
Forse non ritornano perché non trovano più quello che cercano.
«
Sicuramente. Ischia è diventata un po’ troppo caotica per loro. In certi periodi è assediata dal traffico. Un problema importante».
Sei favorevole alle ZTL?
«Da sempre mi confronto con le amministrazioni: se non si affronta la questione dei servizi accessori, è impensabile aumentare o allargare le ZTL. Sono a favore, intendiamoci, lo sono sempre stato. Ma se creano difficoltà a raggiungere un posto, diventano un problema. A me va bene parcheggiare l’auto anche a tre kilometri di distanza, ma lì deve esserci un servizio di navette che mi portano alle spiagge, alla vie dello shopping, nel centro della cittadina. Non possiamo pensare che un turista debba farsi chilometri a piedi per arrivare in centro. Sarebbe più semplice, e ne ho sempre discusso con le amministrazioni, creare prima un servizio e poi le ZTL. Magari ricorrendo anche a bus cumulativi. Non si riesce mai a realizzare un progetto serio di viabilità. C’è sempre qualcuno o qualcosa che si mette contro. E’ difficile portare avanti scelte impopolari».
A parole si dicono tutti favorevoli, i politici per primi, ma scelte radicali – nei fatti – non se ne fanno mai.
«Parlarne non basta più. Bisogna avere il coraggio di fare delle scelte anche impopolari. Saranno divisive, produrranno le solite polemiche, però andrebbero fatte. Anche velocemente».
Stagione 2017. Rispetto all’anno scorso, sono più le attività commerciali che aprono o che chiudono?
«Sono di più quelli che hanno chiuso. Cala anche la qualità dell’offerta, non solo il numero. Questa è una grande differenza con l’isola di Capri, che vanta marchi e boutique di grande prestigio. E’ una conseguenza della nostra politica turistica, mai abbastanza attenta verso segmenti di clientela di qualità. Ogni volta che mi sono confrontato con i miei colleghi su questo punto, ho trovato delle resistenze: c’è sempre qualcos’altro di più importante o urgente. Ma se a Ischia il turista non è funzionale al prodotto che io offro, allora diventa inutile fare delle scelte su marchi importanti. Se ci interessa una clientela di qualità inferiore, o con una bassa capacità di spesa, questi sono i risultati».
Digitale, start up, internazionalizzazione. A che punto è il commercio giovanile? Esiste in questo settore un ricambio generazionale sul territorio?
«Poco. Le attività commerciali che aprono si concentrano su prodotti tipici, ma in serie. Sono tutte uguali. L’abbigliamento ha qualità sempre inferiore. Direi che anche da parte dei giovani c’è poca creatività, scarsa voglia di mettersi in gioco. In un momento come questo, invece, che presenta indubbiamente delle criticità, bisognerebbe reagire con più coraggio e creare qualcosa di nuovo. Da un po’ di anni, ad esempio, non abbiamo locali all’aperto, che fanno la differenza per un turismo più giovanile. Non esistono più locali come “Castillo de Aragona”, “Il Mamunia”…»
Il commercio on line è sempre più diffuso. Un’opportunità o un handicap?
«La considero un’opportunità. In Italia siamo in ritardo, aumenta solo del 10%. Bisognerebbe essere più al passo coi tempi ed essere presenti su grosse piattaforme. Qualcuno a Ischia già lo fa, ricevendo buoni riscontri. Certo, per i grandi è più facile, per le piccole attività un po’ meno. Stiamo lavorando per una sorta di centro commerciale on line con tutti prodotti ischitani, tipici. Impossibile competere con i grossi colossi, però, magari caratterizzandosi, potremmo ricavarci un certo spazio».
Quali sono le iniziative che, come associazione di categoria, metterete in campo nei prossimi mesi?
«Collaboriamo con tutte le iniziative delle amministrazioni che promuovono il territorio. Portiamo avanti progetti di bike sharing o studi sui big data, raccolta e interpretazione delle informazioni per capire come muoverci sul mercato turistico. Se non abbiamo una percezione quanto più precisa di quello che avviene sul territorio in termini di presenze e spesa, come possiamo intervenire con scelte che migliorino l’offerta e la qualità del turista? Le problematiche che abbiamo sui territori determinano la tipologia della nostra clientela, ma resto convinto che la promozione e comunicazione siano le armi più importanti. Dobbiamo far sapere che abbiamo le terme più antiche del mondo, che la nostra storia, anche archeologica, è straordinaria, che la ristorazione ha raggiunto livelli di eccellenza. Bisogna farlo sapere fuori dai nostri confini. L’inverno scorso ho incontrato Armando Brunini, amministratore delegato della società di gestione dell’Aeroporto Internazionale di Napoli, per un progetto che coinvolgesse i blogger di turismo più influenti del Nord Europa. Ho scoperto, in quella occasione, che da tre anni il comune di Napoli aveva avviato un progetto analogo con una spesa minima e risultati, certificati, molto buoni. La brand reputation è un elemento che, ormai non può più essere trascurato dal settore turistico e commerciale. Brunini si dichiarò disponibile a farlo anche con Ischia, approfittando delle nuove tratte che collegano il Nord Europa con Capodichino. Mi serve la disponibilità dei comuni e delle associazioni di categoria, disse. Ovviamente non è arrivata. Sembra che i problemi a cui dedicarsi siano sempre altri».
Che rapporti hai con i rappresentati di categoria degli altri comuni? Vi vedete?
«Da tempo abbiamo realizzato una unione della Confcommercio isolana, per alcune problematiche del territorio sono diventato un riferimento comune. A Napoli, com’è noto, c’è stato il commissariamento, ma la vera questione è che manca una cabina di regia. Non possiamo lamentarci del turista che arriva a Ischia se come commercianti non ci attiviamo per determinare che tipo di turismo vogliamo. I numeri sono buoni, non lo nego, ma a questi numeri corrisponde una qualità scadente, con scarsa capacità di spesa».
Qual è il territorio che ha lavorato meglio in questi anni? E quello più inadeguato?
«Sant’Angelo è in forte ripresa, anche come qualità dell’offerta commerciale. Forio mi sembra in caduta libera. Stanno lavorando male sul territorio, le problematiche sui rifiuti non hanno mai fine. Ora si è arrivati addirittura a un ricorso al Tar degli albergatori contro la decisione del comune di Forio di istituire un centro raccolta proprio su Cava dell’Isola. Si può continuare così?».
Che aspettativa hai rispetto alla stagione 2017?
«Cito con un dato fornito dalla Global Blue: Ischia è un’anomalia, perché realizza l’80% del fatturato commerciale extra Europa con i russi. Capri, tanto per rimanere in zona, il 9%. Nessun mercato, nessuna destinazione turistica lavora sono così tanto con una sola clientela straniera. Questo vuol dire che se vengono meno i russi, come poi è accaduto, noi ci troviamo in seria difficoltà. A Mosca, di recente, mi hanno confermato possibilità di ripresa per vari motivi: il rublo si è rafforzato e hanno aumentato i visti di uscita dopo la crisi per le ben note problematiche con l’Europa. Questo ci fa ben sperare e ci induce all’ottimismo. Ma non ci basta. Dovremmo puntare sul mercato americano. Non è accettabile che non conoscano Ischia. Dobbiamo cercare di intercettare questi flussi».
Forse non ci proviamo sul serio?
«C’è una certa attenzione della stampa. Magazine specializzati ci dedicano attenzioni e lodi. Ma non basta. Siamo gemellati con la città di Los Angeles. Alla fiera del turismo potremmo partecipare in maniera gratuita. Ovviamente non ne approfittiamo. Non ci andiamo. Sono sicuro che nel momento in cui gli americani conosceranno davvero l’isola d’Ischia, la sceglieranno preferendola ad altre destinazioni. Sorrento è bella, come Capri e Positano, ma l’isola d’Ischia ha qualcosa in più. Basterebbe farlo sapere».

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