CULTURA & SOCIETA'

Don Antonio Angiolini in cattedrale con rito delle candele incrociate mantiene vivo il culto per San Biagio

Presenti alla liturgia il Vicario diocesano e Parroco della Chiesa di San Pietro Don Agostino Iovene e il Parroco della Chiesa di San Leonardo a Panza Don Christian Solmonese

La Pandemia ha ridimensionato anche le manifestazioni di devozione laica e religiosa, ma più laica se ci si riferisce alla tradiozione popolare dei Tortanelli Benedetti di San Biagio, ridotti ad una semivendita e distribuzione a passo di lumaca. Perfino in chiesa i Tortanelli non sono stati fatti comparire, dove invece in Cattedrale ad Ischia Ponte Don Antonio Angiolini coadiuvato da Crhistian Solmonese parroco di San Leonado a Panza,presente anche il Vicario Diocesano e parroco della chiesa di San Pietro Don Agostino Iovene, ha dato corso alla liturgia del Santo con la messa solenne e il rito delle candele incrociate sotto il mento dei devoti per esorcizzare e sanare il mal di gola per intercessione di San Biagio il Santo Vescovo di Sebaste in Armenia.

DON CHISTGIAN SOLMOMNESE NEL RITO DELLE CANDELE INCROCIATE AL PROF. MICHELE D’ARC0

San Biagio per noi e per gli altri del Borgo di Celsa ha rappresentato tante cose: la fede in primis, i tortanelli benedetti venduti fuori la chiesa da personaggi caratteristici indimenticabili del tempo (Giovanniello ‘e milan, Marialuigia ‘a pelessa, Massarella ‘a panettera, i fornai Conte, Barile e Failuccio ‘a Vigna) e per ultima la Spezzina, la distesa dei lumini che i devoti di San Biagio accendevano ai piedi del Santo sul freddo pavimento di marmo grigio della Cattedrale imbrattando di cera consumata tutto lo spazio dove ardevano le rosse fiammelle votive, la certezza che l’inverno stesse passando e che avevamo davanti una primavera che prima o poi sarebbe venuto, forti del popolare detto “San Bias ‘o sole pe’ case” che per noi e per gli altri era quanto dire. Infine il giorno di “vacanza” a scuola che i genitori (non tutti) autorizzavano per… devozione a San Biagio.

CATTEDRALE – DON ANTONIU ANGIOLINI PARROCO DELLA CHIESA DEL BUON PASTORE

Molti di noi nel registro parrocchiale delle nascite in Cattedrale vantavamo la registrazione di un secondo nome accanto a quello ufficiale. Il secondo nome storico era proprio quello di Biagio. Il Santo che ha vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore), era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato. San Biagio muore martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto nell’Impero Romano (313). Una motivazione plausibile sul suo martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i due imperatori-cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per i cristiani e condanne a morte per i vescovi. Pochissimo di certo sappiamo sulla vita del santo. Le poche storie sulla biografia dell’armeno sono state tramandate prima oralmente e poi raccolte in agiografie, come in quella famosa di Camillo Tutini, Narratione della vita e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire (Napoli, 1637).

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