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Alluvione 2009, assolto Vincenzo D’Ambrosio

Secondo la Corte d’Appello di Napoli l’accusa di omicidio colposo nei confronti dell’ex sindaco di Casamicciola era già prescritta in primo grado: cade quindi la condanna decisa dal Tribunale tre anni fa

Il dottor Vincenzo D’Ambrosio non poteva essere condannato a quattro anni, né il Comune di Casamicciola, responsabile civile, ad alcun risarcimento: l’accusa di omicidio colposo era già prescritta in primo grado. È questa la decisione della Corte d’Appello di Napoli, che ribalta la sentenza del Tribunale con cui nel maggio 2019 Giosi Ferrandino, Silvano Arcamone, Simone Verde e lo stesso D’Ambrosio furono assolti dall’accusa di aver cagionato con le rispettive condotte la frana che il 10 novembre 2009 colpì il comune termale, provocando anche la morte della giovane Anna De Felice. In quella occasione, il solo D’Ambrosio fu condannato a quattro anni di reclusione per l’omicidio colposo della ragazza ed il Comune al risarcimento del danno, appunto come responsabile civile. Gli avvocati Nicola Nicolella per l’imputato e Gianluca Maria Migliaccio per il Comune di Casamicciola Terme hanno visto accolte le proprie richieste subordinate: tra venti giorni saranno depositate le motivazioni con le quali la Corte spiegherà come ha superato le richieste di nullità della sentenza di primo grado e di assoluzione nel merito poste dalle difese.

L’ex sindaco Vincenzo D’Ambrosio

Come detto, i quattro imputati in primo grado erano stati tutti assolti dall’accusa di disastro colposo, mentre Ferrandino, Arcamone e Verde erano assolti anche dall’accusa di cooperazione in omicidio colposo. Tuttavia quest’ultima accusa venne invece reputata fondata per il dottor D’Ambrosio, nonostante le argomentazioni dell’avvocato Nicolella, il quale aveva dimostrato che alcuni tecnici della provincia, ente a cui spettava la competenza in materia di manutenzione degli alvei, si erano recati a Casamicciola proprio tra l’ottobre e il novembre 2009 per dei sopralluoghi in vista delle opere di messa in sicurezza, ma furono costretti a sospendere le operazioni proprio il giorno prima della tragedia a causa delle condizioni meteo particolarmente avverse. Nessun elemento dunque poteva indicare, secondo la difesa, un nesso causale tra l’evento franoso e la condotta commissiva o omissiva degli imputati. Assenza che avrebbe dovuto significare l’assoluzione del dottor D’Ambrosio.

La Corte ha revocato la sentenza del maggio 2019: D’Ambrosio non poteva essere condannato a quattro anni, né il Comune di Casamicciola, responsabile civile, ad alcun risarcimento. Il medico torna quindi ad essere un potenziale candidato nelle prossime elezioni amministrative, avendo superato l’ostacolo della legge Severino

L’avvocato Nicola Nicolella

La difesa del Comune, sostenuta dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio, da parte sua ha evidenziato quanto accadde subito dopo la chiusura dell’istruttoria dibattimentale con apposita ordinanza nel primo grado di giudizio, quando il pubblico ministero aveva chiesto e ottenuto una “precisazione” per quanto riguarda uno dei capi d’imputazione, quello per omicidio colposo previsto dall’articolo 589 del codice penale, inserendo accanto all’indicazione del primo comma anche la dicitura “ultimo comma”, in ragione del fatto che il capo A, quello relativo alla frana, già contemplava, oltre alla morte della giovane Anna, anche la lesione di un numero indeterminato di persone. Un dettaglio decisivo, che determinò la condanna del dottore, in quanto il tribunale ritenne possibile applicare l’articolo 157 sesto comma, in pratica raddoppiando i termini di prescrizione.

L’avvocato Luca Migliaccio

Tuttavia secondo la difesa, una tale “correzione” del capo d’imputazione avrebbe dovuto implicare la trasmissione degli atti al pm, oppure disporre la notifica all’imputato assente del verbale contenente la modifica dell’imputazione, previa revoca dell’ordinanza di chiusura dell’istruttoria. In tale contesto, la sentenza di condanna sarebbe stata pronunciata in violazione del dettato codicistico di cui agli artt. 517 e 520 c.p.p. (e quindi l’erronea valutazione di esso, laddove veniva consentita l’ammissione del ricorso alla correzione dell’errore materiale), determinando la nullità della sentenza e del giudizio di primo grado, per difetto di contestazione. Inoltre la stessa ordinanza di chiusura dell’istruttoria dibattimentale secondo la difesa andava revocata perché contestare l’aggravante di cui all’ultimo comma dell’art. 589 c.p. non può mai essere qualificato al pari di una mera correzione dell’errore materiale. Anche relativamente al merito della decisione, quest’ultima è stata definita come «assolutamente lacunosa, contraddittoria ed ai limiti dell’apparenza, come si conviene al risultato di una redazione “di sensazioni”, quale quella che ci occupa – ritenuto di condannare l’imputato D’Ambrosio malgrado dagli atti processuali emergesse, con tutta evidenza ed al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova dell’assoluta insussistenza del fatto-reato contestato».

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Gli avvocati Nicola Nicolella, per l’imputato, e Gianluca Maria Migliaccio per il Comune, hanno visto accolte le proprie richieste subordinate: tra 20 giorni le motivazioni con le quali la Corte spiegherà come ha superato le richieste di nullità della sentenza di primo grado e di assoluzione nel merito poste dalle difese

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In attesa delle motivazioni, dunque, sappiamo che secondo la Corte la prescrizione era già operante nel primo grado, dunque non ci sarebbe mai dovuta essere una sentenza del tribunale né tantomeno la condanna dell’ex sindaco D’Ambrosio e del Comune di Casamicciola. Per il medico, prosciolto dalla residua accusa, la decisione d’appello ha anche un risvolto di natura “politica” in quanto la condanna – anche se in primo grado – era ostativa a ogni candidatura amministrativa, vista la legge Severino: un discorso quanto mai attuale, visto che a Casamicciola le elezioni amministrative sono state fissate a maggio dell’anno prossimo, e un nome gettonato come quello di D’Ambrosio torna quindi in auge.

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